Progetto Per Aspera ad Astra

Direzione artistica e laboratori su recitazione e drammaturgia: Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu  
laboratorio musicale: Giorgio Del Rio 
laboratorio scenografico: Marilena Pittiu 
collaborazione drammaturgica: Sergio Cicalò  
fonica: Matteo Sanna 
luci: Giovanni Schirru  
riprese video: Marco Gallus  
ufficio stampa: Valentina Lo Bianco 
organizzazione: Viviana Kaiser  

Un ringraziamento particolare a dirigente e insegnanti della Scuola CPIA 1 Karalis, al direttore, a tutto il personale dell’area educativa e agli agenti di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale “E.Scalas” che, pur nelle limitazioni di una struttura carceraria, ci hanno permesso di portare avanti nel migliore dei modi i laboratori coi detenuti.


Abbiamo deciso di sviluppare il nostro percorso teatrale (4 differenti laboratori) all’interno del carcere procedendo per ‘passi o tappe’ con l’obiettivo di coinvolgere un numero sempre maggiore di partecipanti.  
Le prime due nostre proposte sono stati due corsi di “Drammaturgia” e “Recitazione teatrale”, incentrati sul bellissimo e terribile romanzo “Gli arcipelaghi” di Maria Giacobbe che i detenuti che frequentavano la scuola del CPIA 1 avevano in parte già letto durante le lezioni di Italiano. Il libro stimola una riflessione profonda sui temi della violenza, della vendetta e della pena. L’autrice si sofferma su tutti i personaggi della storia, cercando di capire le ragioni più profonde di ciascuno.   
Allo stesso modo, nel corso del laboratorio, intendevamo invitare i partecipanti a immedesimarsi in tutti i protagonisti, positivi e negativi, del romanzo, e a raccontare la storia privilegiando, di volta in volta, il punto di vista di tre giovani che organizzano un furto, di un pastore che viene derubato, di un bambino che, una notte, in campagna, ha la sventura di veder passare dei banditi con una mandria…  
Eravamo convinti che la forza letteraria del libro e delle tematiche, potessero stimolare i partecipanti ad entrare in empatia coi personaggi della vicenda e comprenderne le ragioni.  
Nel corso dei nostri laboratori abbiamo concentrato l’attenzione sulla storia della Giacobbe immaginando si trattasse di una vicenda realmente accaduta, inquadrando il comportamento dei vari personaggi in una prospettiva sociale, con l’obiettivo di suscitare una più intima riflessione e di elaborare un percorso interiore che portasse a contemplare risposte differenti in analoghe situazioni. 

A distanza di qualche mese è iniziato il terzo laboratorio di “Scenografia teatrale”, diretto da Marilena Pittiu. Abbiamo avuto la fortuna di coinvolgere un gruppo di detenuti che già operavano in piccoli lavori artigianali e creativi. Non è stato complicato avere la loro adesione: inoltre, l’idea di lavorare su elementi scenografici di immediato utilizzo ha reso la parte di formazione generale più agevole e coinvolgente. 

Anche il quarto laboratorio di formazione, “Musica”, con docente Giorgio Del Rio, è stato accolto con entusiasmo, soprattutto da parte di un gruppo musicale auto gestito che già operava in carcere in collaborazione con un responsabile degli agenti della Polizia penitenziaria, membro di una banda musicale della Sardegna. 

Insieme agli allievi e ai docenti scolastici con cui stavamo elaborando l’adattamento teatrale del romanzo della Giacobbe, abbiamo deciso che la rappresentazione, ambientata in un paese dell’interno della Sardegna, sarebbe iniziata e si sarebbe conclusa con la presenza di un gruppo rock che, la sera della festa patronale, suona sotto la pioggia… 
L’opportunità di partecipare da protagonisti alla rappresentazione teatrale è stata per i partecipanti al laboratorio musicale un ulteriore stimolo e ha favorito la coesione con gli altri gruppi.  Inoltre, anche per loro, come per i partecipanti agli altri laboratori, la consapevolezza che non si trattasse di un intervento sporadico, ma continuativo, ha agito come forte impulso alla loro partecipazione e condivisione. 
Il procedere a tappe della nostra attività ci ha permesso di incontrare l’universo carcerario di Uta, nella sua piena umanità, con “leggerezza”, cercando di non essere percepiti come un corpo esterno che invade un ristretto spazio vitale, ma come un’opportunità cui ciascun allievo-detenuto poteva scegliere se fruirne oppure no.  
Abbiamo cercato di coinvolgere gli allievi facendoli sentire non solo fruitori ma anche autori informati e partecipi. Siamo convinti che la loro libertà di scelta e di intervento, soprattutto in un contesto limitante come quello carcerario, sia di fondamentale importanza. 

Purtroppo, il 6 marzo, a poche settimane dalla presentazione dello studio, a causa dell’emergenza Corona virus, ci è stato precluso l’ingresso in carcere e abbiamo dovuto interrompere le prove.