PUEBLO

PUEBLO
Uno spettacolo di Ascanio Celestini
Con Ascanio Celestini e Gianluca Casadei Suono Andrea Pesce
Una produzione Fabbrica srl
In co-produzione con RomaEuropa Festival 2017
e il Teatro Stabile dell’Umbria.

“Questa è la storia di una barbona che non chiede l’elemosina e di uno zingaro di otto anni, della barista che guadagna con le slot machine, di un facchino africano e di un paio di padri di cui non conosco il nome. La storia dignitosa dei centomila africani morti nel fondo del mare. Questa è la storia di una giovane donna che fa la cassiera al supermercato e delle persone che incontra. Questa è la storia di un giorno di pioggia”.

PUEBLO, seconda parte della trilogia
Nel 2015 abbiamo debuttato con uno spettacolo dal titolo LAIKA.
In questo testo ci sono personaggi che vivono in una periferia che è la periferia di una città, ma anche di una nazione.
La periferia dell’informazione, insomma, dove vivono persone che sono raccontate solo quando la loro vita si trasforma in notizia. Quando agitano un coltello o quando viene agitato contro di loro, per esempio. Quando diventano soggetti o oggetti di stupri, furti, assassini.
In Laika c’è un barbone, un alcolizzato, una prostituta, gli abitanti di un condominio, un supermercato, un grande magazzino dove lavorano facchini immigrati dall’Africa.
Durante l’estate 2017 abbiamo proposto uno studio dello spettacolo dal titolo CHE FINE HANNO FATTO GLI INDIANI PUEBLO? e ad ottobre debutteremo con la versione definitiva di PUEBLO che rappresenta la seconda parte della trilogia iniziata con LAIKA.
Il paesaggio urbano e umano è lo stesso. C’è il supermercato e il magazzino nel quale lavorano gli immigrati. Al posto del barbone africano c’è una barbona italiana. Invece di una prostituta italiana ce n’è una straniera. L’alcolizzato è un facchino africano che può permettersi di bere un solo giorno a settimana… il giorno che spende tutti i suoi soldi alle slot machine. C’è uno zingaro che incontriamo quando è bambino e poi lo rivediamo da grande. C’è un padre che insegna alla figlia a rubare e una madre che, giorno dopo giorno, parla sempre meno.
A questo piccolo mondo si aggiunge anche quello più nascosto dell’orfanotrofio gestito dalle suore o del tribunale nel quale questi dimenticati incontrano finalmente lo Stato e la Storia con le “S” maiuscole, ma lo incontrano in maniera alternativamente punitiva o distratta.
Della terza parte so ancora poco, ma ci troveremo nella stessa periferia del mondo e dell’attenzione.

L’umanità degli umili
Di questi personaggi mi interessa l’umanità. Voglio raccontare come sono prima della violenza che li trasforma in oggetto di attenzione da parte della stampa, ma voglio raccontare anche il mondo magico che hanno nella testa. Il mondo che li rende belli e che, solo quello, può aiutarli a non farli scomparire.
I contadini lucani o friulani, i pastori sardi o abruzzesi, i braccianti pugliesi o siciliani e tutti gli altri poveracci del passato che lasciavano terra e famiglia abbandonavano un intero orizzonte culturale per cercare di integrarsi nell’effimero mondo del triangolo industriale. Entravano nella Storia da sconfitti, ma in cambio ricevevano il frigorifero, il riscaldamento e l’italiano semplificato imparato dalla televisione.
Oggi i nuovi poveracci non avranno nemmeno questo in cambio della loro disfatta.
E allora vale la pena che sia salvaguardata almeno la cultura che hanno nel cuore e la magia che nascondono nella testa.
“Ascanio Celestini travolge con la sua prosa e la sua recitazione irruente.
Il vero motivo per cui bisogna ringraziarlo è la tenerezza che riesce a trovare raschiando il fondo di quelle vite, è il messaggio di speranza che emana una luce calda nel buio della miseria umana”.
Nike Francesca Del Quercio – 21 giugno 2017